Ogni anno, quando si affronta la “campagna” dei bilanci è ricorrente l’annosa questione della tassazione dei dividendi, qualora il verbale di approvazione preveda la distribuzione degli utili tra i soci.

Prima di ogni cosa, è importante distinguere la definizione di utili da quella di dividendi: l’utile, secondo il Codice Civile, è il risultato positivo conseguito da un’azienda in un determinato periodo contabile. In altre parole, è la differenza positiva tra i ricavi realizzati ed i costi sostenuti in un determinato esercizio. I dividendi, invece, rappresentano la distribuzione dell’utile realizzato, tra i soci, in funzione della loro percentuale di partecipazione al capitale sociale.

Tuttavia, quando si realizza un utile d’esercizio, i soci non sono liberi di prelevarli, ma è necessario che l’assemblea dei soci ne deliberi la distribuzione in un apposito verbale, che va registrato presso l’Agenzia delle Entrate. Deve anche essere rispettato, inoltre, il dettato normativo che prevede la destinazione degli utili nella misura del 5% a riserva legale fino al raggiungimento di un quinto del capitale sociale.

IL CASO PRATICO

Se il capitale sociale di una S.r.l. è di 10mila euro, la riserva legale deve avere un valore di almeno 2mila euro e questa viene alimentata dagli utili realizzati nel corso del tempo. I soci, successivamente, in sede di approvazione del bilancio, possono alternativamente deliberare di destinare l’utile d’esercizio ad una riserva straordinaria che accresce il patrimonio della società, rendendola ad esempio più “bancabile” per accedere ad eventuali mutui o finanziamenti.

In alternativa, sempre i soci possono decidere di distribuire l’utile, riconoscendo a ciascuno i dividendi cui ha diritto. Ma a quale tassazione sono soggetti i dividendi?

Facciamo ordine e chiarezza.

La prima distinzione importante da fare è quella tra partecipazione qualificata e non qualificata. Secondo l’art. 67 del TUIR, sono considerate partecipazioni qualificate quelle che rappresentano:

  • nelle società non quotate, una percentuale maggiore al 20% dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria dei soci o una percentuale superiore al 25% del capitale sociale;
  • nelle società quotate, una percentuale superiore al 2% dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria dei soci o una percentuale superiore al 5% del capitale sociale.

In via residuale, sono considerate partecipazioni non qualificate quelle uguali o inferiori alle percentuali di cui ai due punti precedenti.

La seconda distinzione da fare è legata alle caratteristiche del soggetto che percepisce i dividendi, cioè se si tratta di un socio imprenditore oppure di un socio non imprenditore. Inoltre, se vengono distribuiti utili accantonati in precedenza a riserva, è importante individuare l’esercizio in cui si sono formati, aspetto da attenzionare, come sarà spiegato più avanti, per tutti gli utili che sono maturati sino al 31 dicembre 2017.

In riferimento alla prima distinzione, nel caso in cui i dividendi siano percepiti da un socio persona fisica non imprenditore, sia esso titolare di una partecipazione qualificata che non qualificata, sono assoggettati ad una ritenuta a titolo di imposta del 26%. Pertanto, il contribuente in questo caso non dovrà riportare nulla nella propria dichiarazione dei redditi poiché sarà la società, in veste di sostituto di imposta, a versare all’erario la ritenuta d’acconto operata che sarà certificata.

Questo regime, tuttavia, è valevole a partire dal periodo di imposta 2018 introdotto con la Legge di Bilancio nr. 205/2017. Infatti, prima del 2018 la ritenuta definitiva del 26% era applicata soltanto alle partecipazioni non qualificate. Per le partecipazioni qualificate, invece, la base imponibile da assoggettare alle aliquote IRPEF progressive per scaglioni di reddito, era pari:

  • al 40% per i dividendi che sono scaturiti da utili maturati sino al 31 dicembre 2007;
  • al 49,72% per i dividendi che sono scaturiti da utili maturati dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2016;
  • al 58,14% per i dividendi che sono scaturiti da utili maturati nell’esercizio 2017;
  • il 100% se invece i dividendi scaturiscono da utili realizzati da società localizzate in Stati a fiscalità privilegiata.

Si comprende bene come, prima del 2018, la tassazione dei dividendi sulle persone fisiche titolari di partecipazioni qualificate era fortemente influenzata dagli altri redditi del contribuente che cumulativamente erano assoggettati all’IRPEF.

Tuttavia, con l’entrata in vigore di questa normativa che ha uniformato la tassazione delle partecipazioni qualificate e non sulle persone fisiche (non imprenditori) ha destato non poche perplessità tra gli addetti ai lavori.

Nello specifico, la normativa ha previsto una disciplina transitoria: “per le distribuzioni di utili deliberate dal 1°gennaio 2018 al 31 dicembre 2022 si applicano le regole precedenti”, pertanto se ci si attiene alla norma sembrerebbe che il periodo transitorio sia terminato al 31 dicembre 2022, ma l’Agenzia delle Entrate, rispondendo all’Interpello n. 454/2022, ha chiarito in via definitiva che eventuali dividendi da partecipazioni qualificate incassati dal 2023 in poi, ma relativi a delibere di distribuzione entro la fine del 2022, continuano ad essere assoggettate alla disciplina transitoria, perché secondo il parare dell’Agenzia delle Entrate, la data di delibera prevale su quella dell’incasso. Pertanto, in riferimento agli utili prodotti fino al 2017, l’elemento dirimente per individuare il tipo di tassazione è la data della delibera.

Il regime di tassazione dei dividendi percepiti da un socio imprenditore, invece, è determinato dalla natura giuridica dello stesso, cioè se è una persona fisica, società di persone oppure una società di capitali.

Nel caso dell’imprenditore o delle società di persone, i dividendi concorrono a formare la base imponibile del reddito dei singoli soci come è stato visto poco prima, ossia del socio non imprenditore, con l’unica eccezione non di poco conto che: per i dividendi che scaturiscono da utili maturati dal 1° gennaio 2017 concorrono a formare la base imponibile IRPEF per il 58,14%, per cui è esclusa per questi soggetti la tassazione con ritenuta a titolo di imposta del 26%.

Una tassazione più lineare è prevista, invece, nel caso in cui il socio sia una persona giuridica ad esempio una società a responsabilità limitata: in questo caso, come previsto dall’art. 89 del TUIR, i dividendi sono assoggettati ad una doppia tassazione IRES in misura proporzionale, attualmente pari al 24%. Tuttavia, per la società di capitale che riceve il dividendo, la base imponibile da tassare al 24% è rappresentata dal 5% del dividendo ricevuto.

IL CASO PRATICO

La società Alfa srl ha soltanto due soci, Beta srl e Gamma srl, ed entrambi partecipano il capitale sociale al 50%. Alfa srl nel 2023 ha realizzato un utile di 50mila euro che assoggetta ad Ires per il 24% e verserà quindi un’imposta pari a 12mila euro. Durante l’assemblea di approvazione del bilancio è stato deciso di distribuire ai soci i dividendi. Pertanto, ciascun socio percepirà un dividendo di 19mila euro, che a sua volta dovrà assoggettare ad Ires del 24%, ma la base imponibile sarà soltanto il 5% (cioè 950,00 euro) e, quindi, dovrà versare un’imposta di 228 euro.

È evidente come sia vitale per l’imprenditore conoscere la fiscalità dei dividendi affinché possa fare le opportune valutazioni in sede di distribuzioni per massimizzare i loro profitti ed individuare la quantità di denaro che residua dopo le imposte.

Inoltre, tenendo presente che le società a responsabilità limitata sono quelle che maggiormente permeano il nostro tessuto economico e che nella maggior parte dei casi i soci sono persone fisiche non imprenditori, potrebbe essere opportuno valutare la costituzione di una holding, cioè di un’altra S.r.l. – unico socio, che partecipa il capitale sociale al 100% della s.r.l. originaria, per poter sfruttare la tassazione dei dividendi nella misura del 5%, evitando così l’imposta sostitutiva del 26%.

Ovviamente ogni caso dovrà essere valutato singolarmente per comprenderne la convenienza dell’operazione dettata sia dall’entità dei dividendi che da altri aspetti soggettivi.

 

 

 

Foto di Benjamin Child su Unsplash
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