Il Fisco può desumere in via induttiva il reddito del contribuente, sfruttando le incongruenze relative ai ricavi e ai compensi dichiarati e quelli effettivamente desunti dall’esercizio dell’attività. È quanto emerge da una recente espressione della Corte di Cassazione (ordinanza n. 16361 dell’8 giugno 2023) che si esprime sul redditometro, analizzando il caso in cui la contabilità risulta in ordine, ma si sospetta un comportamento antieconomico da parte del contribuente.
In questo caso, quindi, il Fisco ha mandato a procedere con un accertamento induttivo nei confronti del contribuente, anche qualora le scritture contabili risultino apparentemente regolari.
Come riportato da Pmi.it, spetta al contribuente l’onere di dimostrare che le incongruenze sono giustificate, mentre non sono ritenute sufficienti le scritture contabili apparentemente regolari.
L’ordinanza, facendo riferimento alla sentenza n. 35713/2022, sottolinea la legittimità delle verifiche da Redditometro effettuate dal Fisco e ribadisce che il contribuente è tenuto a dimostrare la correttezza delle sue dichiarazioni: «l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni».
Fonte: Pmi.it