Il legislatore, in sede di conversione del Decreto-legge n. 23 dell’8 aprile 2020 (cd. Decreto Liquidità), ha inserito l’articolo 6 bis, con il quale, al fine di fronteggiare gli effetti della pandemia sui bilanci delle aziende operanti nei settori alberghiero e termale, ha previsto per tali aziende la facoltà di ricorrere, in uno o in entrambi i bilanci relativi ai due esercizi successivi al 31 dicembre 2019, all’istituto della “rivalutazione monetaria” delle immobilizzazioni materiali. Un’occasione da prendere al volo per tentare di rimettere in bonis i bilanci di tali aziende.
Si sa che per molte aziende, la riduzione o addirittura l’azzeramento del fatturato a seguito delle misure imposte per fronteggiare l’emergenza pandemica, determinerà nei bilanci relativi all’esercizio 2020, l’emergere di perdite di esercizio che, specialmente nelle aziende meno patrimonializzate si tradurranno in una riduzione del patrimonio netto, che nei casi più gravi, può portare allo scioglimento della società.
Al fine di scongiurare tali rischi, il legislatore, in sede di emanazione del D.L. n. 23 dell’8 aprile 2020 ha dapprima scritto l’articolo 6 con il quale ha previsto, a decorrere dalla entrata in vigore del citato decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020, la non operatività delle norme dettate in tema di riduzione del capitale sociale per perdite che impongono a carico dell’organo amministrativo una serie di obblighi che, in base all’entità della perdita conseguita diventano via via più stringenti, fino a disporre lo scioglimento della società per impossibilità di ricostituire il capitale al di sopra del minimo legale.
Dopo l’entrata in vigore di tale norma, però, ci si è resi conto che, una volta decorso il periodo di inapplicabilità delle suddette norme, il problema sarebbe rimasto e se la società non si fosse adoperata per ripianare le perdite conseguite sarebbe stata costretta a sciogliersi successivamente.
Ecco spuntare, in sede di conversione del D.L. 23/2020, l’articolo 6 bis, il quale, in riferimento ai bilanci delle società operanti nei settori alberghiero e termale, relativi ai due esercizi successivi a quello chiuso al 31/12/2019, ha previsto la facoltà per tali imprese di rivalutare i propri assets materiali e consentire alle stesse una sorta di possibile ripianamento delle eventuali perdite subite.
Andiamo al contenuto della norma.
In riferimento alla individuazione dei soggetti destinatari, l’articolo in commento prevede che, i soggetti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, operanti nei settori alberghiero e termale, che svolgono attività contraddistinte dai codici Ateco classificabili nel settore 55[1]e gli stabilimenti termali (codice 96.04.20), che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio, possono, anche in deroga all’articolo 2426 del codice civile e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia, rivalutare i beni di impresa e le partecipazioni, ad esclusione dei beni merce, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.
Possono essere rivalutati anche i beni non più presenti nell’attivo patrimoniale in quanto completamente ammortizzati, e che tuttavia conservano un valore economico. Non possono essere invece essere rivalutate le immobilizzazioni immateriali che non costituiscono beni quali, ad esempio, l’avviamento e, più in generale, i costi pluriennali.
In merito all’ambito temporale, tale rivalutazione deve essere eseguita in uno o in entrambi i bilanci o rendiconti relativi ai due esercizi successivi al 31 dicembre 2019, e deve riguardare altresì tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea.
La rivalutazione è gratuita. Non è previsto il pagamento di alcuna imposta sostitutiva o altra imposta e il maggior valore attribuito ai beni e alle partecipazioni si considera riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, a decorrere dall’esercizio nel cui bilancio la rivalutazione è eseguita.
Il saldo attivo risultante dalle rivalutazioni eseguite deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva denominata, riserva di rivalutazione ex D.L. 23/2020.
Tale saldo attivo mantiene lo status di riserva in sospensione d’imposta, per cui è stata data facoltà di affrancare tale riserva pagando un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento.
L’affrancamento – se effettuato – qualifica questa riserva alla stregua di una riserva di utili, tassata con tutte le conseguenze fiscali nel caso di distribuzione.
Nel caso in cui i beni rivalutati vengano ceduti a titolo oneroso, assegnati al socio o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze si considera il costo del bene prima della rivalutazione.
Da un punto di vista procedurale la rivalutazione dovrà essere annotata nell’inventario e nella nota integrativa, mentre gli amministratori e l’organo di controllo devono indicare e motivare nelle loro relazioni i criteri seguiti nella rivalutazione delle varie categorie di beni e attestare che la rivalutazione non eccede il valore effettivamente attribuibile ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità di economica utilizzazione nell’impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri.
[1]Codice 55.1 Alberghi e strutture simili – Codice 55.2 Alloggi per vacanze e altre strutture per brevi soggiorni – Codice 55.3 Aree di campeggio e aree attrezzate per camper e roulotte – Codice 55.9 Altri alloggi.