Il decreto legislativo del 12 gennaio 2019 n.14 (cosiddetto Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) ha esteso la platea delle società a responsabilità limitata tenute alla nomina di un organo di controllo o di un revisore legale. La novità è che la data, fissata in prima battuta nello scorso 16 dicembre, sarà probabilmente prorogata al momento dell’approvazione del bilancio 2019. Nulla da eccepire alla scelta del Legislatore, senonché la premura iniziale che ha portato le società più diligenti ad allinearsi al dettame giuridico, provvedendo alla nomina del revisore, quando poi – di fatto – il termine ultimo per quanti sono rimasti sordi al primo richiamo normativo ancora non è stato ufficializzato. E quando a dirigere le scelte è l’improvvisazione, chi ci rimette sono sempre le imprese… .
Il decreto del 12 gennaio 2019 n. 14, convertito dalla legge 14 giugno 2019 n. 55, è intervenuto sulla formulazione dell’articolo 2477 del codice civile, disponendo che la nomina dei revisori è obbligatoria per le società tenute alla redazione del bilancio consolidato, ma anche per tutte quelle aziende che controllano un’altra società obbligata alla revisione legale dei conti e pure per quelle imprese che hanno superato per due esercizi consecutivi almeno uno di tre requisiti: stato patrimoniale attivo di 4 milioni di euro; ricavi delle vendite delle prestazioni pari sempre a 4 milioni di euro; media dei dipendenti occupati di venti unità.
La nuova disciplina, quindi, ha imposto alle società con tali requisiti la nomina dei revisori entro la scadenza del 16 dicembre 2019. E sin da subito si è riscontrata un’anomalia: il revisore si è trovato nelle condizioni di rilasciare la propria relazione e il relativo parere sul bilancio 2019, ovvero su un esercizio in cui è stato in carica solo quindici giorni.
Un aspetto che ha suscitato scompiglio, facendo avanzare molteplici richieste – prima fra tutte quella del Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili – di differire l’obbligo delle nomine alla data di approvazione del bilancio 2019. Ma il Legislatore, purtroppo, ha lasciato inascoltata ogni voce. E le conseguenze sono evidenti.
Allo stato attuale, solo il 27,6% delle società è in regola con la normativa, con un sensibile divario tra Nord e Sud, con punte che passano dal 35% di Emilia Romagna e Friuli, al 15% di Campania e Puglia fino ad arrivare al 20% della Sicilia.
Alla luce di questi dati, lo scorso 11 febbraio la Commissione Bilancio ed Affari Istituzionali ha approvato un emendamento, con l’inserimento del nuovo comma 6-bis all’articolo 9 del DL 30 dicembre 2019 n. 162, che – salvo l’incertezza dell’attuale fase politica – dovrebbe essere convertito in legge entro fine mese. Tale emendamento rimette in campo le imprese che non hanno provveduto a nominare l’organo di controllo entro il 16 dicembre del 2019, prevedendo che il termine ultimo entro cui le stesse potranno adempiere alla nomina dei revisori sia la data di approvazione del bilancio 2019.
La “saga” dei revisori (non si esagera a definirla così) sembra, dunque, concludersi così. Ma no, nulla di tutto ciò. Non solo i revisori nominati entro il 16 dicembre scorso dalle imprese diligenti si trovano oggi a fare i conti con la revisione di un esercizio nel quale sono stati in carica per soli 15 giorni, ma anche e soprattutto le aziende, dal canto loro, si trovano a dover sostenere, per un anno in più, gli oneri conseguenti alla nomina dei nuovi organi, con evidente disparità di trattamento fra quanti hanno tempestivamente provveduto al rispetto delle norme di legge e chi invece ha preso tempo.
E non si dica che tali aziende disporranno di un bilancio revisionato, che ha sicuramente una maggiore attendibilità e valore, poiché se ciò avessero voluto, avrebbero nominato spontaneamente i revisori.
Cosa fare adesso? Di certo, occorre trovare una soluzione per evitare disparità di trattamento. Una prima ipotesi potrebbe essere quella di differire, insieme al termine per la nomina dei revisori, anche il biennio di riferimento (2018/2019 piuttosto che 2017/2018) per la valutazione dell’obbligo della nomina stessa. Una seconda ipotesi potrebbe, invece, essere quella di lasciare invariato il biennio di riferimento (2017/2018), facendo però decorrere per tutti – e quindi anche per i revisori nominati a dicembre 2019 la revisione dal corrente esercizio 2020. Quest’ultima sembrerebbe essere la soluzione più equa e coerente, ma siamo ancora nel campo delle ipotesi per cui la “saga” dei revisori non può dirsi ancora conclusa. Non resta che augurarsi che il Legislatore, ancora una volta sollecitato da più parti, possa definire celermente tali aspetti. E, ameno stavolta, logicamente.