Giacenze di magazzino, cosa fare? È una domanda a cui l’imprenditore si trova a dovere dare risposta in virtù di un dato di fatto: fare i conti con un eccesso o difetto di giacenza e la rilevazione contabile delle rimanenze.
Com’è noto, le imprese industriali e commerciali, durante l’anno solare di attività (cosiddetto “esercizio”) sostengono dei costi per l’acquisizione di materie prime, semilavorati e di consumo, da trasformare nel primo caso e per rivendere merci nel secondo. Tali costi sarebbero tutti di competenza dell’esercizio soltanto se al 31 dicembre le merci risultassero tutte vendute o consumate nei processi produttivi, ma le loro giacenze a fine anno danno luogo alle rimanenze di magazzino.
Torniamo, quindi, alla domanda di partenza: giacenze di magazzino, cosa fare?
Si comprende, quindi, l’esigenza di effettuare un accurato inventario delle merci ed una loro valutazione, rispettando sia le disposizioni del Codice Civile (art. 2426 n. 9) che quelle dei Principi Contabili (OIC n. 13).
In particolare, le rimanenze a fine esercizio danno luogo alle cosiddette “scritture di rettifiche” con le quali, nel caso di specie, si rinviano al futuro quote di costi che finanziariamente si sono già manifestate con il relativo esborso monetario, ma economicamente saranno di competenza della o delle gestioni future.
Alla luce di tale meccanismo contabile si sottraggono, dunque, costi dall’esercizio presente per “trasferirli” all’esercizio futuro, determinando così un aumento dell’utile.
Proprio per questo importante impatto della valutazione delle rimanenze sul reddito, è necessario che questa sia fatta rispettando il principio della prudenza, secondo il quale è fondamentale evitare che alla formazione del reddito partecipino soltanto utili “sperati’’ (tipico nel mercato dell’elettronica, ma anche di quelle delle auto), ma è necessario che subentrino anche perdite soltanto “presunte”.
Tuttavia, nella prassi aziendale può accadere che si manifesti un disallineamento tra le rimanenze finali di merci iscritte in bilancio (valore contabile) e quelle fisicamente esistenti in magazzino.
Di questo tema si era già occupata la Legge finanziaria del 2000, all’art. 7 commi 9-14 L. 488/99, ed è ritornata sul pezzo quella del 2024, prevedendo la possibilità di “correggere” le esistenze iniziali di merci versando, a seconda dei casi, sia l’IVA che l’imposta sostitutiva sui redditi o soltanto quest’ultima (all’art. 1 commi da 78 a 85 della L. 213/2023).
Tuttavia, affinché le imprese possano usufruire della possibilità di riallineare il proprio magazzino, è necessario che siano rispettati dei requisiti sia soggettivi che oggettivi, più precisamente:
- la sanatoria è rivolta soltanto agli esercenti attività di impresa che non adottino i principi contabili internazionali, ma unicamente quelli nazionali (OIC). Risulta ovvio che la misura sia rivolta esclusivamente alle imprese in contabilità ordinaria, risultano dunque escluse le imprese in contabilità semplificata;
- oggetto della sanatoria sono soltanto i beni alla cui produzione o al cui scambio è volta l’attività dell’impresa.
Relativamente alle modalità in cui può avvenire l’adeguamento delle esistenze iniziali di magazzino, la Legge finanziaria del 2024 ha offerto alle imprese due possibilità:
- l’eliminazione delle esistenze iniziali superiori rispetto quelle effettivamente esistenti;
- l’iscrizione delle esistenze iniziali in precedenza omesse.
A seconda che la scelta dell’azienda ricada sulla prima o seconda opzione, si aprono degli scenari differenti in termini fiscali.
La prima ipotesi è tipica del caso in cui, in passato, il magazzino sia stato sopravvalutato rispetto alle giacenze effettive perché – ad esempio – si è dato luogo a vendite non fatturate oppure si sono volute nascondere delle perdite. Ad ogni modo, qualunque sia la ragione, si ha la possibilità, secondo quanto stabilito dalla Legge finanziaria del 2024, di allineare il proprio magazzino, eliminando la quantità di merce effettivamente non esistente all’inizio del 2023 tramite il pagamento delle seguenti imposte:
- IVA secondo l’aliquota media del 2023;
- imposta sostitutiva sui redditi e IRAP nella misura del 18%.
Cos’è l’aliquota media? Per aliquota media dell’IVA, si intende il rapporto tra: l’IVA relativa a tutte le operazioni (tenendo conto, naturalmente, delle operazioni non soggette ad imposta o a regimi speciali), al netto di quella relativa alla vendita di beni ammortizzabili e il volume d’affari.
Come si determina la base imponibile? Di fondamentale importanza sarà conoscere la percentuale del coefficiente di maggiorazione che verrà stabilito prossimamente con apposito decreto. Ciò che ad oggi si sa è la varierà in base al settore di attività in funzione del Codice ATECO di appartenenza delle imprese: tale elemento, a mio avviso, sarà dirimente per la scelta delle aziende di voler usufruire della misura, perché determinerà la base imponibile sulla quale calcolare l’IVA dovuta e l’imposta sostitutiva.
In sintesi, l’esborso che le imprese dovranno sostenere in termini di IVA per eliminare dal proprio magazzino la merce effettivamente non esistente, lo rivelerà questa semplice moltiplicazione:
(Valore dell’esistenze iniziali eliminate) x (coefficiente di maggiorazione) x (aliquota media IVA)
Invece, per determinare la base imponibile su cui applicare l’imposta sostitutiva del 18% delle imposte sui redditi, sarà opportuno effettuare la seguente sottrazione:
(Valore delle esistenze iniziali eliminate x coefficiente di maggiorazione) – (valore delle merci eliminate).
Naturalmente, l’importo che scaturisce dall’eliminazione della merce, che sarà iscritto in contabilità tra le sopravvenienze passive, non è fiscalmente deducibile e rappresenterà, in sede di dichiarazione dei redditi, una variazione in aumento. In parole povere, tutto ciò si traduce in un aumento delle imposte da versare.
Scenario differente si presenta nel caso in cui l’impresa voglia iscrivere le esistenze iniziali in precedenza omesse.Questa situazione si manifesta nel caso in cui, in passato, l’impresa non abbia rilevato in contabilità dei costi di acquisto perché – ad esempio – ha effettuato acquisti in assenza di fatture.
Anche in quest’ipotesi, tuttavia, la Legge finanziaria 2024 dà l’opportunità di allineare il proprio magazzino pagando soltanto l’imposta sostitutiva del 18%, da calcolare sul nuovo valore delle esistenze iniziali iscritto in bilancio.
È importante evidenziare come il comune denominatore delle due alternative è costituito da una serie di elementi non trascurabili:
- Il riallineamento deve essere reso manifesto nella dichiarazione dei redditi e IRAP 2024 (quindi nel periodo di imposta 2023);
- Il versamento delle imposte (IVA ed imposta sostitutiva) dovrà essere effettuato in due rate dello stesso importo: la prima in concomitanza al termine previsto per il versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo di imposta 2023; la seconda in concomitanza al versamento della seconda o unica rata di acconto delle imposte sui redditi relative al periodo di imposta 2024. Come per tutte le imposte, il mancato pagamento determina l’iscrizione a ruolo delle somme dovute, prima di decidere di aderire alla misura è pertanto fondamentale che l’impresa abbia contezza delle proprie disponibilità finanziarie presenti e future, al fine di non incorrere all’applicazione di sanzioni ed interessi sulle somme eventualmente non versate.
Ultimo e non meno importante è il rapporto della presente misura con il contenzioso tributario. Più precisamente la Legge finanziaria ha specificato che i valori emergenti dal riallineamento del magazzino sono presi in considerazione sia ai fini civilistici che fiscali a partire dal periodo di imposta 2023.
I valori, iscritti o eliminati, delle merci non possono essere utilizzati dal Fisco nell’attività di accertamento per i periodi di imposta precedenti. Il riallineamento, invece, non produce effetti sugli accertamenti notificati e sui P.V.C. consegnati entro il 1° gennaio 2024.
In conclusione, è opportuno che le imprese, per valutare la convenienza della misura, conoscano innanzitutto la percentuale del coefficiente di maggiorazione, proprio perché, come già detto, determina la base imponibile dell’operazione e, solo successivamente, potranno avere contezza dell’entità dell’esborso monetario da affrontare.
Ed è a seguito di tutte queste valutazioni che, qualora ci sia un disallineamento importante, l’esborso monetario delle imposte potrà essere confrontato con quello che le aziende sarebbero chiamate a sostenere in sede di “ricostruzione” del magazzino da parte del Fisco.
In ordine di posizione nel testo: foto di Jezael Melgoza ; Jon Tyson ; Nik su Unsplash.