L’emergenza sanitaria, il conflitto in Ucraina, le tensioni generate dalla difficoltà di reperimento delle materie prime, l’inflazione e ora anche il rischio di una crisi politica frenano, inevitabilmente, l’economia nazionale.

In questo difficile contesto economico i risultati negativi delle imprese dipendono, sempre più spesso, dall’impossibilità reale di conseguire reddito.

Ben venga, dunque, l’intervento del decreto “Semplificazioni Fiscali” (Dl 73/2022) con cui il legislatore ha abrogato la disciplina fiscale penalizzante per quelle società che risultano in uno stato di perdita sistematica.

Il Fisco italiano ha, nel tempo, previsto un sistema apposito di norme per contrastare l’utilizzo delle cosiddette società di comodo così da impedire ai contribuenti di utilizzare impropriamente la struttura fiscale delle società commerciali al fine di ottenere significativi risparmi d’imposta.

Facciamo un passo indietro. La disciplina delle società di comodo è stata introdotta con la Legge 724/94 allo scopo di scoraggiare la creazione di società di mero godimento.

Per quanto riguarda le società di comodo, sono riconducibili a due fattispecie:

  • società non operative (ai sensi dell’art. 30 della L. 724/1994);
  • società in perdita sistematica (ai sensi dell’articolo 2, commi 36 decies e ss. Del DL 138/2011).

E qui occorre fare un appunto. Le prime sono quelle che non superano il cd. Test di operatività: la legge stabilisce un livello minimo di ricavi e proventi legato al valore di determinati beni patrimoniali, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico di non operatività. Ne consegue che il reddito minimo verrà calcolato su presunzione, in base cioè a coefficienti medi di redditività applicati sugli elementi patrimoniali considerati per il Test. Tale raffronto è effettuato in base al valore medio delle grandezze prese in esame nell’esercizio in corso e nei due precedenti.

Le seconde (società in perdita sistemica) sono rappresentate da società che presentano per cinque periodi d’imposta consecutivi dichiarazioni fiscali che evidenziano una perdita, ovvero che, nello stesso arco temporale, presentano quattro dichiarazioni con risultati fiscalmente negativi ed uno con un reddito inferiore a quello minimo previsto dalla normativa per superare il test di operatività.

Se per uno (test operatività) o per l’altro motivo (perdita sistematica) la società viene considerata di comodo, si generano questi effetti negativi:

  • obbligo di dichiarare un reddito minimo ai fini Ires/Irpef e un valore della produzione minimo ai fini Irap;
  • maggiorazione dell’aliquota Ires;
  • limitazioni all’utilizzo delle perdite fiscali;
  • impossibilità di utilizzare il credito Iva in compensazione o chiederlo a rimborso, con l’aggravante che se tale condizione si protrae per più di 3 anni il credito Iva non è più riportabile.

Introdotta per penalizzare sul piano tributario le “società senza impresa”, volte ad ottenere indebiti vantaggi fiscali, la disciplina prevista per le società di comodo in virtù delle irrisolte fragilità strutturali del nostro Paese e del particolare scenario economico è stata abrogata a partire dal periodo d’imposta 2022.

Nello specifico, il legislatore ha abrogato la disciplina delle società in perdita sistematica. Per effetto di tale disposizione, la verifica dei risultati fiscali conseguiti nel quinquennio 2017-2021 diviene del tutto irrilevante.

Le perdite per le imprese, pertanto, a parere di chi scrive non si traducono più come un aggiramento di norme civilistiche e tributarie e nemmeno come un improprio utilizzo dello strumento contrattuale societario. Verosimilmente, invece, è l’andamento socio-econoico che influisce notevolmente sui risultati aziendali.

Nessuna modifica è intervenuta sulla disciplina delle società non operative, le quali, quindi, saranno ancora soggette alla verifica del test di operatività.

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