Nonostante la crisi economica generalizzata, non mancano (e per fortuna!) le aziende che meno ne hanno risentito e che chiuderanno i loro bilanci in utile.
Merito del particolare settore in cui si trovano ad operare, sicuramente, ma altrettanto certamente, merito di un’amministrazione oculata, versatile e dinamica.
E allora perché non darne atto ai propri amministratori, riconoscendo loro un benefit (il Tfm) per il futuro, tanto più se a trarne vantaggio è anche la Società?
Il trattamento di fine mandato (c.d. Tfm) è una forma di remunerazione aggiuntiva rispetto al compenso ordinariamente erogato agli amministratori che verrà loro corrisposta al momento della cessazione dalla carica.
Il Tfm si costituisce (al pari del Tfr) mediante un accantonamento effettuato in ogni singolo esercizio sociale di durata in carica dell’amministratore che costituirà reddito, per quest’ultimo, nel momento in cui sarà percepito (criterio di cassa), mentre per la Società rappresenta un costo deducibile nel singolo esercizio in cui l’accantonamento viene effettuato (criterio di competenza).
Inoltre, onde evitare che nel momento dell’erogazione, il Tfm faccia scattare, in capo all’amministratore, uno scaglione d’imposta marginale più elevato, è previsto che lo stesso venga assoggettato a tassazione separata.
Affinché però si possa beneficiare di entrambi i vantaggi, ovvero la deducibilità dell’accantonamento per l’impresa mandante e la tassazione separata per l’amministratore percipiente, è necessario che vengano rispettate alcune condizioni formali e sostanziali.
In questo primo contributo (a cui farà seguito una seconda pubblicazione) approfondiremo gli aspetti formali della questione per poi affrontare quelli di natura sostanziale attinenti alla congruità dell’accantonamento e successivamente gli effetti di una eventuale rinuncia al Tfm da parte dell’amministratore, sia esso socio o meno della società mandante.
In linea generale gli accantonamenti, essendo delle poste di natura valutativa, non sono ordinariamente deducibili a meno che non vi sia una norma fiscale specifica che ne ammette la deducibilità.
Nel caso specifico, la deducibilità ai fini Ires degli accantonamenti delle quote di Tfm di competenza di ciascun esercizio é stabilita dall’articolo 105, comma 4 del TUIR che, a sua volta, richiama l’ articolo 17, comma 1, lettera c del TUIR il quale, in materia di tassazione separata, fa riferimento alle indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 50, comma 2, lettera c-bis dello stesso TUIR, a condizione che il diritto all’ indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.
Ne consegue che, tanto ai fini della deducibilità del costo quanto ai fini della tassazione separata, stante l’orientamento dell’A.F., confermato dalla giurisprudenza (Cass, n. 16788/2016 – 19368/2018 – 26431/2018), occorre che esista un atto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto con il quale venga stabilito non soltanto il generico diritto dell’Amministratore alla percezione del TFM, ma anche l’ammontare annuo dello stesso o, quanto meno, i criteri per la sua determinazione.
Ciò in quanto, sotto il profilo civilistico, il compenso dell’amministratore, pagato senza una delibera preventiva, non può essere ricollegato la volontà dell’assemblea che, ai sensi dell’articolo 2389 cod. civ. é l’unica a poterlo determinare, e, sotto il profilo tributario, ai fini della deducibilità del costo è necessario che lo stesso abbia i requisiti di certezza e di determinabilità richiesti dall’articolo 109 del TUIR.
Tale principio è stato ribadito con l’ordinanza n. 5763, depositata il 3 marzo u.s., nella quale la Corte di Cassazione, in ossequio ad un orientamento ormai costante e ai principi espressi dalle Sezioni Unite con la Sentenza n. 21933/2008, ha confermato che non è deducibile la spesa sostenuta da una società di capitali per i compensi degli amministratori deliberati e/o ratificati in sede di approvazione del bilancio, essendo questa procedura non aderente allo schema legale del procedimento di formazione della volontà dell’assemblea dei Soci.
Risulta pertanto fondamentale individuare le modalità attraverso le quali può essere attribuita data certa all’an e al quantum del Tfm.
In primo luogo, il diritto al Tfm e i criteri per la sua quantificazione possono essere stabiliti nello statuto sociale redatto al momento della costituzione della Società o in sede di una successiva modifica purché antecedente, quest’ultima, alla nomina dell’amministratore cui si vuole attribuire detto Tfm.
Nel caso in cui si ricorra ad un successivo verbale dell’assemblea dei Soci, questo dovrà essere redatto nella forma di atto pubblico o estratto dal libro delle deliberazioni assembleari e soggetto ad autentica notarile, o ancora firmato digitalmente e marcato temporalmente e/o notificato a mezzo Pec dalla Società all’amministratore destinatario del Tfm.
Ormai superate appaiono talune altre modalità di attribuzione della data certa individuate dall’A.E. quali la registrazione del verbale presso un ufficio pubblico, l’apposizione del timbro postale o l’invio della delibera mediante raccomandata in plico senza busta.
In mancanza di data certa anteriore all’accantonamento, la deduzione del costo corrispondente al Tfm accantonato avverrà nell’anno dell’effettiva erogazione e l’amministratore non potrà avvalersi della tassazione separata, ma dovrà assoggettare questa forma di remunerazione differita a tassazione ordinaria, mediante ritenute alla fonte e cumulo con gli altri redditi in sede di dichiarazione fiscale.