Le società con almeno 250 dipendenti avranno l’obbligo, entro il 2026, di dotarsi di “quote rosa” al 40% in ruoli non esecutivi e al 33% all’interno dei Consigli di Amministrazione. A prevederlo è una direttiva Europea dal nome “Women on boards”, già approvata in via definitiva e che attende, adesso, solo di essere applicata in todo.
L’obiettivo è «fare in modo che l’equilibrio di genere nei Cda delle grandi aziende quotate della Ue sia uniforme», come vuole “mamma” Europa, garantendo trasparenza alle posizioni apicali e, soprattutto, obiettività alla loro nomina, sgrondata del grasso che cola ancora intorno a vecchi stereotipi.
Questo equilibrio, comunque e purtroppo, non sarà eterno: la direttiva vincola, infatti, gli Stati membri fino al 31 dicembre del 2038 e chi non riuscirà a raggiungere l’obiettivo dovrà dare conto e ragione all’Ue del perché non ce l’abbia fatta. A questo, inoltre, vanno aggiunte le spiegazioni circa le misure che si intendono adottare per raggiungere il traguardo.
In caso di inadempimento subentra una sanzione, che verrà stabilita dallo Stato membro e che potrebbe portare anche alla revoca della nomina dell’Amministratore.
Ciascuno Stato membro dell’Ue, infine, ha a disposizione due anni per far sì che la direttiva venga recepita nel diritto nazionale e sarà chiamato a pubblicare informazioni sulle società “virtuose” ed anche su quelle più lente, così da raggiungere più celermente l’obiettivo prefissato, facendo pressing in nome della competitivà.