Il lockdown imposto dall’emergenza epidemiologica Covid-19 e il conseguente stop di molte attività produttive hanno causato implicazioni evidenti con conseguente riduzione, se non addirittura azzeramento, delle “entrate” individuali e aziendali.

Nonostante l’imminente inizio della Fase 2 – che prevede una graduale riapertura di molte attività produttive – è naturale interrogarsi su come si possa procedere, senza risultare inadempienti, nella gestione delle locazioni di immobili adibiti ad attività produttive.

La chiusura di molti esercizi commerciali e la sospensione di gran parte delle attività produttive hanno inevitabilmente comportato una serie di disagi ai conduttori, per cui risulta opportuno valutare le azioni esperibili dagli stessi.

Per una visione ottimistica, è preferibile pensare che nessun conduttore abbia interesse a recedere dal contratto, cosa che è comunque consentita.

In condizioni di normalità è sempre possibile recedere anticipatamente dal contratto dando un preavviso di 6 mesi al locatore e adducendo la scelta a gravi motivi che devono essere estranei alla volontà del conduttore ma anche imprevedibili al momento della sottoscrizione del contratto, tali da renderne estremamente gravosa la prosecuzione.

Infatti, le norme dettate dal Codice Civile, con riferimento ai contratti a prestazioni corrispettive, prevedono che la sopravvenuta impossibilità di proseguire la prestazione contrattualmente prevista possa produrre l’estinzione dell’obbligazione, ma solo qualora l’impossibilità discenda da una causa non imputabile al debitore e solo fino al perdurare della stessa: quindi, finché sussiste la causa che determina l’impossibilità di pagare i canoni e se la stessa non è imputabile al debitore, questi non può essere considerato inadempiente e dunque non è passibile di azione di risarcimento da parte del locatore.

Se l’impossibilità risulta parziale, il debitore è liberato con l’esecuzione della prestazione per la parte rimasta possibile.

Ma, come è evidente, non siamo in condizioni di normalità ed è ovvio che nessun conduttore abbia interesse a recedere dal contratto se vuole, ottimisticamente o realisticamente, pensare di riprendere gradualmente la sua attività.

Pertanto, il quesito è: può il conduttore che si trovi a tenere ancora ferma o a rallentare la propria attività produttiva invocare la sopravvenuta impossibilità e/o l’eccessiva onerosità dell’obbligazione al fine di sospendere o ridurre, unilateralmente, il pagamento del canone di locazione?

Purtroppo, essendo il contratto di locazione un contratto a prestazioni corrispettive, la risposta al quesito non può che essere negativa.

Infatti, il divieto ad esercitare l’attività produttiva o commerciale (come le limitazioni imposte che comportano una riduzione delle attività svolte), dovuto alle disposizioni rese necessarie dalla crisi epidemiologica in atto, non incide sulla prestazione resa dal locatore: l’immobile è comunque nella disponibilità del conduttore, a prescindere dal fatto che questi non sia nelle condizioni di utilizzarlo, per motivi non imputabili alla propria volontà.

Pertanto, fino a quando il locatore manterrà l’immobile nella disponibilità del conduttore, questi non ha diritto a sospendere o ridurre automaticamente il canone di locazione, senza qualificarsi come inadempiente.

In tal senso, si è espressa anche la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18987 del 27/09/2016 – Sezione Terza Civile. E anche il decreto c.d. “Cura Italia”, all’art. 65, prevedendo un credito d’imposta per l’anno 2020, pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 per l’affitto di immobili commerciali (categoria C1 – botteghe e negozi), conferma, presupponendolo, che il canone rimanga in ogni caso dovuto (Credito d’imposta canoni di locazione botteghe e negozi: da oggi il via alle domande)

Se non è possibile invocare la sopravvenuta impossibilità, pare difficile poter ricorrere anche alla “eccessiva onerosità sopravvenuta”. O, più precisamente, sarebbe difficoltoso per il conduttore dimostrare che la chiusura dell’attività ha determinato una situazione di illiquidità tale da comportare la necessità di interventi straordinari di rifinanziamento, posto che non possono comunque considerarsi eccessivamente gravosi i tassi di interesse per l’accesso al credito bancario.

Quanto sopra vale per la locazione di immobili commerciali, ma, d’altra parte, le difficoltà economiche conseguenti al momento storico in cui viviamo valgono anche per i conduttori di immobili ad uso abitativo, perché anche in questo caso l’immobile rimane nella disponibilità del conduttore, a prescindere dal fatto che possa utilizzarlo o sia nelle condizioni di pagare regolarmente i canoni.

Concludendo, il conduttore non può contare su un “diritto” alla sospensione o alla riduzione del canone di locazione, salvo casi eccezionali. Quindi non sono giuridicamente ammissibili azioni unilaterali del conduttore che, invece, costituirebbero una vera e propria inadempienza contrattuale.

Se, da un canto, sono inammissibili le azioni individuali, tuttavia sono sempre ammesse variazioni negli accordi tra le parti. Infatti, le parti possono, di comune accordo, prevedere sospensioni, riduzioni o posticipazioni del pagamento del canone, rinegoziando le modalità e/o i termini dell’adempimento contrattualmente assunto, superando, con il buon senso, la ragionevolezza e la buona fede, i limiti posti dalle norme di diritto.

Le problematiche esposte hanno riflessi anche sotto il profilo fiscale, in particolare dal punto di vista del locatore.

Se il locatore è un imprenditore, la riduzione concordata del canone di locazione dell’immobile non abitativo comporta un minor ricavo ai fini delle imposte sui redditi (ex art. 85 TUIR), ma se, nonostante la riduzione, il conduttore non fosse comunque nelle condizioni di pagare, oltre alle problematiche civilistiche collegate all’inadempienza contrattuale e alla estrema conseguenza della risoluzione del contratto (che porterebbe all’azzeramento dei ricavi), dal punto di vista fiscale il locatore dovrebbe comunque dichiarare, per competenza, un reddito imponibile, salvo a rilevare una perdita su crediti, deducibile, ove ne sussistano le condizioni previste dall’art. 101 c. 5 del TUIR.

Nel caso in cui, invece, il locatore fosse un soggetto privato, il canone di locazione dell’immobile non abitativo risulterebbe imponibile a prescindere dall’incasso, ai sensi dell’art. 26 del TUIR, salvo il caso di risoluzione del contratto di locazione. Si ricorda che in questo caso la disciplina è diversa da quanto previsto per gli immobili ad uso abitativo, per i quali è prevista la possibilità di ridurre l’imponibile fiscale con la convalida dello sfratto per morosità e, a partire dall’1/01/2020, attraverso l’ingiunzione di pagamento ex D.L. 34/2019.

Per tali ragioni, in particolare quando si tratti di locatore soggetto privato, è opportuno tenere presente che l’eventuale accordo per una riduzione del canone di locazione dovrà essere comunicato all’Agenzia delle Entrate, per quanto, in questa fattispecie, non sia prevista la registrazione obbligatoria dell’accordo modificativo del contratto di locazione (ai sensi del D.L. 133/2014 c.d. Decreto Sblocca Italia), pertanto non sono dovute imposte di registro o di bollo.

È, tuttavia, opportuna e conveniente la comunicazione che metta l’Agenzia delle Entrate al corrente del nuovo canone di locazione che dovrà poi corrispondere al dato riportato nella dichiarazione dei redditi.

 

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