L’Agenzia delle Entrate torna sul concetto di “modifica rilevante” dell’attività principale contenuta nella norma antielusiva, di contrasto alla pratica del commercio delle cosiddette “bare fiscale”. E lo fa con la risposta all’interpello n.214 del 22 aprile scorso.

A dettare le regole per il riporto delle perdite fiscali conseguite nei precedenti periodi di imposta continua ad essere l’art. 84 comma 3 del TUIR, ma la norma è stata oggetto di molte critiche a seguito di una precedente affermazione della stessa Ade, che nella risposta all’interpello n. 367 del 6 settembre 2019 ha dato scossoni alla materia, impedendo il riporto a nuovo delle perdite di periodo in presenza di determinate condizioni. 

Adesso, con la risposta all’interpello n. 214 del 22 aprile scorso, come si è espressa l’Agenzia delle Entrate a riguardo e cosa è davvero cambiato nel commercio delle bare fiscali? 

L’art. 84 del TUIR detta le regole, per i soggetti passivi Ires, per il riporto delle perdite fiscale conseguite nei precedenti periodi d’imposta.

La norma prevede la possibilità di compensare i redditi prodotti nell’esercizio con le perdite pregresse, nonostante queste non siano qualificabili tout court come elementi passivi del reddito di quel periodo, ma provengano da elementi attivi e passivi temporalmente rilevanti in un periodo precedente.

Tale disciplina ha subito notevoli modifiche nel tempo. Dall’originaria possibilità di compensare integralmente, ma nel quinquennio successivo, le perdite pregresse, si è giunti alla versione attuale, che prevede la possibilità di utilizzare in compensazione le perdite pregresse:

– nella misura massima dell’80% del reddito imponibile senza limiti temporali;

– integralmente nel primo triennio dalla data di costituzione, ma a condizione che “si riferiscano ad una nuova attività produttiva”.

Sotto il profilo soggettivo, l’art. 84 del TUIR trova applicazione esclusivamente nei confronti dei soggetti Ires, e quindi non riguarda indistintamente tutte le perdite suscettibili di compensazione da parte delle società di capitali, ma solo quelle da esse direttamente prodotte o prodotte da altre società di capitali e ad esse attribuite per effetto di particolari regimi (consolidato, trasparenza fiscale, ecc.) che ne consentano il trasferimento.

Sotto il profilo oggettivo, è venuto meno il limite temporale dei cinque anni di riporto delle perdite pregresse, ma è stato introdotto il limite quantitativo al relativo utilizzo, stabilito nella misura dell’80 % del reddito imponibile.

Inoltre, per il primo triennio, è stata prevista la possibilità di utilizzo integrale, ma a condizione che le perdite devono riferirsi ad una nuova attività produttiva, volendo così agevolare l’effettivo avvio di una nuova attività imprenditoriale piuttosto che la continuazione della vecchia attività in capo ad un nuovo soggetto.

La disciplina antielusiva dettata dall’art. 84 comma 3 del TUIR ha lo scopo di inibire il riporto a nuovo delle perdite fiscali pregresse laddove si verifichino due condizioni:

  • che la maggioranza delle azioni o quote della società titolare delle perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi;
  • che risulti modificata – in uno spazio temporale compreso tra i due anni precedenti e i due anni successivi al trasferimento – l’attività principale effettivamente esercitata dalla società nei periodi di formazione delle perdite.

Circa l’avveramento della prima condizione, l’Agenzia ha avuto modo di dare diversi chiarimenti, per cui risulta pacifico che, ai fini della verifica del trasferimento del controllo, la condizione si considera avverata sia quando si realizzi la cessione (in proprietà ma anche in usufrutto) dell’intero pacchetto di controllo sia quando l’acquisizione del controllo è  conseguente ad una integrazione della partecipazione già posseduta.

Per quanto riguarda la seconda condizione, invece, non vi sono ancora molti chiarimenti, se non quelli che evidenziano che per attività principale si deve intendere l’attività che, sulla base di riscontri fattuali, risulta quantitativamente superiore – con riferimento ai ricavi – rispetto alle altre attività eventualmente svolte dalla società.

Qualche elemento utile a chiarire la “modifica dell’attività prevalente” è reperibile sia dalla risposta all’interpello del 2019, ritenuta da molti particolarmente rigida, che da quella più recente fornita ad aprile 2022.

Nel 2019 l’agenzia aveva concluso che l’apporto di nuove risorse finanziarie in una società priva di comparto produttivo, provenienti dalla nuova compagine sociale, impedisse il riporto a nuovo delle perdite di periodo, anche se non si fossero verificati cambiamenti formali nell’attività svolta rispetto a quella esercitata quando le perdite si erano formate.

Quindi, secondo l’Agenzia, diventa rilevante l’azzeramento dell’attività nel periodo precedente l’ingresso della nuova compagine sociale (e delle nuove risorse necessarie alla rivitalizzazione della società), configurandosi quindi la ripresa dell’attività, formalmente identica, come se fosse nuova.

Questo perché, secondo l’Ade, la società sarebbe stata trasformata in una scatola vuota con la conseguenza che il cambio di compagine sociale, seguito da una ricapitalizzazione della stessa, avrebbe interrotto quella continuità aziendale necessaria per non vestire la società da “bara fiscale”.

Nella recente risposta, invece, il caso prospettato era il trasferimento del controllo societario e la successiva concessione in affitto dell’unica azienda posseduta. In questo caso, l’Ade non ha ritenuto il passaggio dalla precedente attività “diretta” alla successiva attività “di mero godimento” una causa ostativa al riporto delle perdite. Dunque, non si è venuta a creare la “scatola vuota”. 

Tale conclusione risulta chiara se si analizzano i casi in cui la modifica dell’attività principale possa essere considerata sintomo di “elusività”. Ciò si può realizzare sia nel caso in cui vi sia il passaggio dell’attività principale svolta dalla società da un comparto merceologico ad un altro sia quando, a determinate condizioni, il cambiamento avvenga nell’ambito dello stesso comparto merceologico e comporti una espansione o riattivazione della principale attività precedentemente esercitata.

L’Agenzia ha chiarito, in particolare per quest’ultimo caso, che occorrerà dimostrare come il passaggio nell’ambito dello stesso settore merceologico possa essere o meno accompagnato da risorse aggiuntive rispetto a quelle fisiologicamente a disposizione della società che porta la perdita, e che tali risorse siano riconducibili, direttamente o indirettamente, a chi acquisisce il controllo della società che riporta le perdite.

Nel caso di specie, secondo l’Ade non si sarebbe realizzato un mutamento sostanziale del tipo di attività svolto dalla società, ma solo il passaggio da una gestione attiva ad una di “mero godimento”, che non realizza un sostanziale mutamento dell’attività principale svolta.

Pertanto, anche se nella recente risposta pare esservi una apertura, le conclusioni cui l’Agenzia perviene nelle due citate risposte partono dallo stesso ragionamento: la norma antielusiva trova applicazione ogni volta che possa ritenersi accertata una “discontinuità aziendale” tra attività esercitata nei periodi d’imposta in cui la perdita si è formata e quella esercitata a seguito del passaggio di proprietà.

Tale discontinuità potrà emergere sia dal passaggio da un comparto merceologico ad un altro sia, a determinate condizioni, ad una nuova attività nell’ambito dello stesso comparto merceologico.

In quest’ultimo caso sarà necessario verificare che il riavvio dell’attività sia o meno accompagnato alla circostanza che siano state apportate risorse aggiuntive rispetto a quelle fisiologicamente a disposizione della società che riporta le perdite e che tali risorse siano riconducibili, direttamente o indirettamente, al soggetto che acquisisce il controllo della società che riporta le perdite.

Pare, quindi, che il concetto di “scatola vuota” evidenziata nel 2019 venga riproposto anche nell’ultima risposta quando l’Agenzia delle Entrate, nel parlare di interpretazione del contratto di affitto d’azienda, ha precisato che questo «non realizza un sostanziale azzeramento dell’attività oggetto di trasferimento».

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