24.03.20

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La pillola del Commercialista: “Aziende, così potrete convertire la produzione in mascherine, camici e guanti”

Le aziende possono convertire la propria produzione in guanti e camici (dispositivi di protezione individuale) e mascherine chirurgiche, in deroga alle norme vigenti. Ad autorizzare questo passaggio è il decreto Cura Italia ai commi 2 e 3 dell’articolo 15, indicando che, per fare ciò, è sufficiente “un’autocertificazione all’Istituto superiore di sanità, in cui si garantiscano i requisiti di sicurezza“. 

Ma è davvero così? E quali sono, quindi, i requisiti previsti dalla norma? Confindustria Dispositivi medici e l’Istituto superiore di sanità hanno redatto un documento per le imprese che vogliono attivarsi in questo business, in particolare per l’immissione in commercio di maschere facciali ad uso medico senza la marcatura CE.

I REQUISITI. Il prodotto deve rispondere ai requisiti di fabbricazione, progettazione e prestazione, oltre che ai metodi di prova per le maschere facciali ad uso medico destinate a limitare la trasmissione di agenti infettivi tra pazienti e personale clinico durante gli interventi chirurgici e altri contesti medici con requisiti simili, così come indicato dalla norma tecnica UNI EN 14683:2019 “Maschere facciali ad uso medico – Requisiti e metodi di prova”.

La rispondenza ai requisiti di prestazione (come la capacità filtrante del prodotto) può prevedere due opzioni di approvazione differenti in considerazione del fatto che la mascherina sia destinata agli operatori sanitari o assimilabili (forze dell’ordine, operatori a contatto con il pubblico) o lavoratori delle imprese e cittadini. Nel primo caso, il fabbricante per le prestazioni della maschera facciale dovrà dichiarare altri quattro requisiti: capacità filtrante, carico biologico, capacità di protezione dagli schizzi e pressione differenziale (traspirabilità). Nel secondo caso, invece, ci sarà meno rigidità sulla capacità filtrante, mentre non sarà richiesta la capacità di protezione dagli schizzi.

In aggiunta, altro criterio è la biocompatibilità secondo la norma tecnica UNI EN ISO 10993-1:2010 “Valutazione biologica dei dispositivi medici – Parte 1: Valutazione e prove all’interno di un processo di gestione del rischioV” (armonizzata). La valutazione biologica, effettuata sul prodotto nella sua forma finale, dovrebbe essere confermata da test per la verifica di citotossicità, sensibilizzazione e irritazione cutanea. La valutazione biologica può altresì essere svolta anche su base bibliografica.

Infine l’ultimo dei tre criteri. Il fabbricante di maschere facciali dovrà aver predisposto ed implementato un Sistema di gestione della qualità per garantire e regolare, mantenere e controllare i requisiti di base relativi all’attività di produzione.

L’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’. In mancanza dei tre requisiti minimi in termini di qualità sicurezza e prestazione del prodotto e della produzione (anche in relazione a quanto definito nella circolare del ministero della Salute del 13 marzo 2020 “Mascherine in Tnt – Circolare informativa emergenza epidemiologica da Covid-19), l’Iss non autorizzerà fabbricanti e fornitore alla realizzare e commercializzazione delle maschere facciali a uso medico. Saranno verificate anche le informazioni fornite agli utilizzatori tramite l’etichetta e le istruzioni per l’uso, importanti per identificare il prodotto, le caratteristiche tecniche e le modalità di utilizzo, oltre alle eventuali marcature e certificazioni possedute. La procedura prevede l’invio di autocertificazioni all’Iss o al’Inail, a cui gli enti hanno l’obbligo di rispondere entro tempi massimi di circa 48 ore.

GLI ESEMPI VIRTUOSI. Prada: camici e mascherine. Consegnerà 80mila camici e 110mila mascherine realizzate in tempi record (l’azienda ha avviato la produzione il 18 marzo) da destinare al personale sanitario. Gli articoli sono prodotti internamente nell’unico stabilimento del Gruppo – Prada Montone (Perugia) – rimasto operativo a questo scopo. H&M: dispositivi di protezione per gli ospedali. Il gruppo svedese dal proprio sito fa sapere che fornirà dispositivi di protezione per gli ospedali in tutto il mondo. Utilizzerà la capacità della sua catena di approvvigionamento, «comprese le sue operazioni di acquisto diffuse e la logistica si legge nel comunicato – al fine di iniziare a consegnare al più presto possibile i dispositivi. Dopo che il CEO Helena Helmersson ha contattato l’UE per comprendere le esigenze e offrire l’aiuto dell’azienda, H&M ha immediatamente iniziato a preparare la produzione di dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari». Mango: dona 2 milioni di mascherine. Anche il brand spagnolo si fa carico, tramite la sua rete logistica, della distribuzione dei presidi negli ospedali della Spagna, seguendo le indicazioni del Ministero della Salute.

LE FABBRICHE DI PROFUMI ALL’OPERA PER LA PRODUZIONE DI GEL DISINFETTANTE. Le Università e le farmacie si sono attivate già da tempo nella produzione e distribuzione del gel disinfettante alla popolazione, ma adesso scendono in campo anche le fabbriche di profumi perché la rivoluzione del sistema di produzione non riguarda solo il settore tessile e plastico. Louis Vuitton si era già impegnata a produrre gel idroalcolico per gli ospedali. Per fare questo, il colosso dell’industria del lusso ha mobilitato tre dei suoi siti di produzione francesi, solitamente dedicati ai suoi profumi e cosmetici (Dior, Guerlain e Givenchy). Lo stesso esempio è seguito da L’Oréal, Coty ed altri brand della bellezza che stanno preparando disinfettanti per le mani nelle loro fabbriche di profumi.

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