Se una società con stabile organizzazione in Italia, qui vi trasferisce anche la sede legale, la sua Partita Iva non cambia.
Nell’ambito dell’ordinamento nazionale non esiste, però, una norma che disciplini espressamente il trasferimento della sede legale di una società all’estero e viceversa. Pur tuttavia, con risposta all’interpello n. 800 del 3 dicembre 2021 l’Agenzia delle Entrate si è nuovamente espressa a riguardo, facendo riferimento a due principi giuridici.
Si tratta sia del principio di reciprocità, secondo cui alle società straniere sono riconosciuti gli stessi diritti previsti per le società italiane se il loro paese d’origine riconosce tali diritti anche in favore delle società italiane, sia del principio civilistico secondo cui «i trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati». Pertanto, il trasferimento della sede legale in Italia di un soggetto estero può avvenire in continuità giuridica, senza generare alcuna estinzione o liquidazione, purché tale continuità sia riconosciuta anche nello Stato estero di provenienza.
In parole povere, è necessario che il trasferimento della sede legale all’estero non costituisca in quel Paese un evento estintivo. Una volta appurata la possibilità di nazionalizzare la società estera, in regime di continuità e fatti salvi gli effetti ai fini dell’imposizione diretta e indiretta di tale operazione di riorganizzazione aziendale transfrontaliera, non si ravvisano specifici impedimenti all’utilizzo da parte della società trasferita della partita Iva già attribuita alla sua stabile organizzazione in Italia, previa la comunicazione delle eventuali modifiche da eseguire, come disposto dalla legge.