Anche le imprese siciliane nella morsa del Coronavirus. Non esistono ancora indagini statistiche che quantificano il danno di matrice mediterranea, ma gli effetti già si annunciano: l’economia si ferma, se si ferma il sistema. E poco importa se i privati sono rimasti immuni dal decreto ministeriale del 4 marzo, con cui il presidente Conte dispone la chiusura di scuole e Università: le imprese non hanno alternative e continuano a volare ad alta quota. Senza paracadute.
E lo avevamo annunciato in una precedente pubblicazione (https://www.vitaleassociati.com/adempimenti-fiscali-ai-tempi-del-coronavirus-nel-decreto-conte-le-prime-misure-per-la-zona-rossa/) che l'”Apocalisse” dell’economia non era poi così lontana da mamma Trinacria, che – scontato a dirsi – appare impreparata. Come quando si deve rimediare a una insufficienza, le associazioni a tutela della categoria (da ConfCommercio a Confindustria Sicilia) stanno avanzando tutta una serie di ipotesi. <<In questi giorni a Catania – si legge in una nota della Federazione italiana pubblici esercizi e commercio – si registrano cali notevolissimi dell’afflusso di persone in tutte le attività commerciali e la città appare desolata e deserta, quasi svuotata a causa del panico e della preoccupazione destata dal virus. Si registrano cali del fatturato di oltre il 70%, che spingeranno molti a chiudere la partita Iva e abbassare saracinesche>>. Ma anche le imprese culturali sono in difficoltà, tant’è che in un recente vertice svoltosi a Roma, una delegazione siciliana ha chiesto misure di sostegno.
Palermo è pure in ginocchio. <<L’emergenza sanitaria – dichiara la Confcommercio di Palermo – è divenuta emergenza economica. E in una economia fragile, quale quella palermitana, ciò rischia di rappresentare il “colpo di grazia” per tutte quelle attività che oggi hanno strenuamente resistito a tutte le difficoltà di impresa quotidiane. Occorrono misure urgentissime da mettere in campo al fine di arginare quella che si profila come la più grave crisi degli ultimi decenni>>.
Ed ancora, l’agenzia Adnkronos diffonde il documento illustrato da Confindustria in occasione dell’incontro con le parti sociali a Palazzo Chigi sull’emergenza Coronavirus, sostenendo che <<Serve un grande piano massivo di investimenti che punti a realizzare infrastrutture materiali, sociali e immateriali all’avanguardia. Servono investimenti pubblici, serve riattivare rapidamente tutti i cantieri e non solo quelli delle opere considerate prioritarie: la domanda pubblica deve compensare l’arretramento di quella privata>>.
Che si aspetta a mandare in quarantena il Fisco, anche in Sicilia? La “zona rossa” lombarda ha restituito un esempio virtuoso (leggasi https://www.vitaleassociati.com/i-consulenti-fanno-quadrato-fisco-in-quarantena-anche-per-le-aziende-extra-zona-rossa/), a testimonianza che è sì possibile per il Palazzo delle Aquile venire incontro alle esigenze degli esercenti, a cui è stata riconosciuta un’anima. Le aziende made in Sicily arrancano ogni giorno per vincere la scommessa di esistere. Si pensi in uno scenario così paralizzato… .
Cosa si attende, dunque, per intervenire? O si deve dare ragione a campanilismi che guardano all’economia siciliana come “altra” e diversa rispetto a quella del Nord, anche di fronte a un’emergenza, che invece restituisce un metro di paragone “livelliano”?