06.03.20

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Il Coronavirus colpisce anche le imprese siciliane, che rischiano il fatturato

Anche le imprese siciliane nella morsa del Coronavirus. Non esistono ancora indagini statistiche che quantificano il danno di matrice mediterranea, ma gli effetti già si annunciano: l’economia si ferma, se si ferma il sistema. E poco importa se i privati sono rimasti immuni dal decreto ministeriale del 4 marzo, con cui il presidente Conte dispone la chiusura di scuole e Università: le imprese non hanno alternative e continuano a volare ad alta quota. Senza paracadute.

E lo avevamo annunciato in una precedente pubblicazione (https://www.vitaleassociati.com/adempimenti-fiscali-ai-tempi-del-coronavirus-nel-decreto-conte-le-prime-misure-per-la-zona-rossa/) che l'”Apocalisse” dell’economia non era poi così lontana da mamma Trinacria, che – scontato a dirsi – appare impreparata. Come quando si deve rimediare a una insufficienza, le associazioni a tutela della categoria (da ConfCommercio a Confindustria Sicilia) stanno avanzando tutta una serie di ipotesi. <<In questi giorni a Catania – si legge in una nota della Federazione italiana pubblici esercizi e commercio – si registrano cali notevolissimi dell’afflusso di persone in tutte le attività commerciali e la città appare desolata e deserta, quasi svuotata a causa del panico e della preoccupazione destata dal virus. Si registrano cali del fatturato di oltre il 70%, che spingeranno molti a chiudere la partita Iva e abbassare saracinesche>>. Ma anche le imprese culturali sono in difficoltà, tant’è che in un recente vertice svoltosi a Roma, una delegazione siciliana ha chiesto misure di sostegno.

Palermo è pure in ginocchio. <<L’emergenza sanitaria – dichiara la Confcommercio di Palermo – è divenuta emergenza economica. E in una economia fragile, quale quella palermitana, ciò rischia di rappresentare il “colpo di grazia” per tutte quelle attività che oggi hanno strenuamente resistito a tutte le difficoltà di impresa quotidiane. Occorrono misure urgentissime da mettere in campo al fine di arginare quella che si profila come la più grave crisi degli ultimi decenni>>.

Ed ancora, l’agenzia Adnkronos diffonde il documento illustrato da Confindustria in occasione dell’incontro con le parti sociali a Palazzo Chigi sull’emergenza Coronavirus, sostenendo che <<Serve un grande piano massivo di investimenti che punti a realizzare infrastrutture materiali, sociali e immateriali all’avanguardia. Servono investimenti pubblici, serve riattivare rapidamente tutti i cantieri e non solo quelli delle opere considerate prioritarie: la domanda pubblica deve compensare l’arretramento di quella privata>>.

Che si aspetta a mandare in quarantena il Fisco, anche in Sicilia? La “zona rossa” lombarda ha restituito un esempio virtuoso (leggasi https://www.vitaleassociati.com/i-consulenti-fanno-quadrato-fisco-in-quarantena-anche-per-le-aziende-extra-zona-rossa/), a testimonianza che è sì possibile per il Palazzo delle Aquile venire incontro alle esigenze degli esercenti, a cui è stata riconosciuta un’anima. Le aziende made in Sicily arrancano ogni giorno per vincere la scommessa di esistere. Si pensi in uno scenario così paralizzato… .

Cosa si attende, dunque, per intervenire? O si deve dare ragione a campanilismi che guardano all’economia siciliana come “altra” e diversa rispetto a quella del Nord, anche di fronte a un’emergenza, che invece restituisce un metro di paragone “livelliano”?

 

 

 

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